Articolo di Lorenzo Gagliardi, nostro associato che ha seguito il corso in Comunicazione e Divulgazione scientifica.
Una fiorente area di ricerca delle scienze cognitive riguarda lo studio dei processi decisionali degli animali, nonché degli errori (bias cognitivi) che essi commettono nell’effettuare scelte. Questo campo di ricerca è già molto fiorente nello studio delle decisioni umane (soprattutto nell’ambito dell’economia comportamentale), ma si è ormai affermato anche nella cognizione animale, rivelando sorprendenti somiglianze tra Homo sapiens e altre specie.
Immaginate il cebo dai cornetti (Sapajus apella, un primate simile alla scimmia cappuccina) che tiene in mano un gettone e lo scambia con uno scienziato in cambio di cibo. Se questa immagine vi ricorda una forma primordiale di commercio, allora siete sulla strada giusta. Nel 2006, Keith Chen e i suoi colleghi hanno addestrato alcuni cebi dai cornetti a fare affari, scambiando gettoni per del cibo. Ciascun ricercatore “vendeva” un prodotto diverso: alcuni cedevano un pezzo di gelatina, altri invece cedevano pezzi di mela, due alimenti ugualmente apprezzati da questa specie. Le scimmie dividevano a metà il loro capitale, “comprando” in parti uguali mela e gelatina. Quando poi gli scienziati riducevano il “prezzo” di uno dei due beni (cedendo, ad esempio, il doppio di pezzi di mela per la stessa quantità di gettoni), i cebi adattavano le loro preferenze esattamente come faremmo noi umani, allocando maggiori risorse sul bene divenuto più economico. Sempre Chen e colleghi poi vollero testare i cebi aggiungendo una componente di rischio nei loro scambi. Infatti, con un metodo sperimentale analogo, dimostrarono che i cebi dai cornetti preferivano fare affari con un ricercatore che offriva loro il 50% delle volte 2 pezzi di mele e il 50% 1 pezzo di mela, rispetto a un ricercatore che offriva loro sempre e solo 1 pezzo di mela. Attraverso questi studi, Chen e colleghi provarono che il Sapajus apella mostra un comportamento definito in economia come “razionale” poiché soddisfa gli assiomi della teoria del prezzo di mercato e quelli della dominanza stocastica, ossia le leggi economiche che anche l’uomo segue, o perlomeno, dovrebbe seguire. Infatti, a partire dagli anni ’80, un filone di ricerca ha messo in discussione le fondamenta dell’economia classica, grazie all’integrazione della psicologia nella scienza economica. Nasce così la Teoria del Prospetto (Kahneman e Tversky 1979) che postula, tra le altre cose, che gli individui, nel valutare i possibili esiti delle loro scelte, diano un maggior peso a ciò che viene percepito come una perdita rispetto a ciò che viene percepito come un guadagno. In altre parole, in una scommessa in cui abbiamo zero euro in tasca, preferiremo non perdere 100€ che vincere la stessa cifra. Questo fenomeno è definito avversione alle perdite. Chen e colleghi testarono anche questo fenomeno, sempre con lo stesso metodo sperimentale, e confermarono che come gli umani, i cebi dal cornetto sono avversi alle perdite; infatti, tra uno sperimentatore che offriva due mele ma ne cedeva poi sempre e solo una, e uno sperimentatore che offriva e cedeva una sola mela, le scimmie preferivano la scelta sicura. Sulla stessa scia di Chen, Venkat Lakshminarayanan e colleghi (2008, 2011) hanno dimostrato che i cebi dai cornetti seguono molti altri comportamenti scoperti nell’ambito della teoria della decisione: adattano le loro preferenze al rischio a seconda che si aspettino un guadagno o una perdita (preferendo non rischiare quando si tratta di ottenere più o meno mele e rischiare quando si tratta di perdere più o meno mele – effetto framing) e danno maggior valore al bene di cui sono in possesso quando si propone loro uno scambio con un bene equivalente (effetto dotazione).
Un altro ambito in cui è stato studiato il processo decisionale degli animali è quello delle scelte intertemporali, ossia quelle scelte i cui esiti sono differiti nel tempo. In tal senso, negli umani è stata dimostrata una tendenza a preferire le gratificazioni immediate, un errore cognitivo comunemente noto come present bias. Pensate alle diete: gli effetti di una corretta alimentazione saranno evidenti solo dopo un po’ di tempo, ed è molto difficile resistere alla tentazione di mangiare una fetta di torta oggi per vedersi più magri fra uno o due mesi. Nonostante queste tentazioni, la capacità degli umani di auto-controllo è comunque degna di nota in molte situazioni. E quella degli altri animali? Dagli studi effettuati su piccioni e roditori (Green et al. 2004), si è notato che, di fronte alla scelta tra una piccola ricompensa immediata e una ricompensa tre volte maggiore ma differita, preferivano la seconda, a patto che il differimento non fosse maggiore di 10 secondi. Insomma, non esattamente dei campioni dell’autocontrollo. Per quanto riguarda i primati non umani la storia è un po’ diversa: c’è chi proprio non sa aspettare, come lo uistitì dal pennacchio bianco (Callithrix jacchus), che non resiste per più di 10-20 secondi prima di cedere alla tentazione della ricompensa immediata (Stevens et al 2005), e c’è chi invece è molto più bravo, come lo scimpanzé comune (Pan troglodytes), che arriva ad aspettare fino a 10 minuti (Beran & Evans 2006). In particolare, in uno studio di Evans e Beran del 2007, è stato dimostrato che lo scimpanzé riesce ad attivare strategie di auto-controllo, proprio come facciamo noi umani per resistere alle tentazioni immediate: ad esempio, distoglie lo sguardo o si distrae con un giocattolo.
La lista di somiglianze e di differenze tra umani e altri animali nei processi decisionali è molto lunga e in continuo sviluppo, ma è giusto chiedersi lo scopo di questo filone di ricerca. È evidente che l’utilità è quella di trovare delle omologie, ossia delle somiglianze comportamentali tra individui appartenenti a specie diverse, ma con un’origine evolutiva comune (come nel caso di noi umani e lo scimpanzè), e differenziarle dalle analogie, ossia somiglianze tra individui appartenenti a specie diverse ma con un’origine comune molto più remota. In altre parole, lo studio comparato dei processi decisionali può darci qualche indizio sull’origine evolutiva delle nostre scelte e degli errori sistematici che commettiamo nel prenderle.
Lorenzo Gagliardi
Bibliografia
- Beran MJ, Evans TA. (2006). Maintenance of delay of gratification by four chimpanzees (Pan troglodytes): the effects of delayed reward visibility, experimenter presence, and extended delay intervals. Process. 73:315–24
- Evans TA, Beran MJ. (2007). Chimpanzees use self-distraction to cope with impulsivity. Lett. 3:599–602
- Green, L., Myerson, J., Holt, D. D., Slevin, J. R., and Estle, S. J. (2004). Discounting of delayed food rewards in pigeons and rats: is there a magnitude effect? Exp. Anal. Behav.81, 39–50.
- Kahneman, D., & Tversky, A. (1979). Prospect Theory: An Analysis of Decision under Risk. Econometrica,47(2), 263-291. doi: 10.2307/1914185
- Lakshminarayanan, V. R., Chen, M. K. & Santos, L. R. (2011). The evolution of decision-making under risk: Framing effects in monkey risk preferences. Journal of experimental social psychology, 47(3), s. 689–693. doi: 10.1016/j.jesp.2010.12.011
- Lakshminaryanan, V., Keith Chen, M. & Santos, L. R. (2008). Endowment effect in capuchin monkeys. Philosophical transactions of the royal society B: biological sciences, 363(1511), s. 3837–3844. doi:10.1098/rstb.2008.0149
- Keith Chen & Venkat Lakshminarayanan & Laurie Santos, (2005). “The Evolution of Our Preferences: Evidence from Capuchin-Monkey Trading Behavior,” Cowles Foundation Discussion Papers 1524, Cowles Foundation for Research in Economics, Yale University.
- Stevens, J. R., Hallinan, E. V., & Hauser, M. D. (2005). The ecology and evolution of patience in two New World monkeys. Biology letters, 1(2), 223–226. https://doi.org/10.1098/rsbl.2004.0285
Articolo scritto da un nostro associato o un collaboratore esterno dell’Associazione ETICOSCIENZA
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