Articolo a cura della nostra associata Sara Boninsegna
Respirare aria pulita, ascoltare le onde del mare, osservare i colori dell’alba e del tramonto… da sempre hanno generato in noi emozioni e sensazioni uniche, ci sentiamo rigenerati e come “guariti”.
Solo suggestione?
La natura ha davvero dei benefici per la nostra salute?
Ognuno di noi prova sensazioni diverse legate a differenti luoghi, suoni e profumi della natura, che sia la montagna, raggiante e verde in estate o bianca e dai profumi di legna arsa d’inverno; che sia il mare col profumo della salsedine e il rumore delle onde che si infrangono sulla battigia, costanti e presenti in ogni stagione dove sono le temperature e il colori del cielo a fare da variante ma che solo arricchiscono ciò che già serpenta in noi.
Il lago con le sue acque ferme e calme spesso incorniciate da colline o rocce; o il fiume che dona sollievo dalle arsure estive.
La natura in ogni sua rappresentazione è ricerca di quiete e di rilassamento.
Dai libri di Thoreau ai moderni film come In to the wild, la natura come ricerca di noi stessi, come tentativo inconscio di tornare a chi eravamo. Simbolo di sfide e di lotta al superamento dei nostri limiti.
Ma scientificamente cosa succede realmente in noi?
Lo Stress, questo…conosciuto
Chi non ha mai sentito o letto frasi come “una passeggiata nel bosco fa bene alla salute” o “ascoltare le onde del mare abbassa i livelli di Stress” ? Ma cos’è lo stress? E in che modo la natura può centrare con questo concetto?
Lo Stress è una risposta psicofisica a stimoli ambientali, o meglio è l’insieme delle risposte fisiologiche e comportamentali messe in atto da un organismo per fronteggiare le sollecitazioni (stressor) esterne che tendono a turbare l’equilibrio omeostatico. Ogni stressor che perturba l’omeostasi dell’organismo richiama particolari reazioni regolative neuro-psichiche, emotive, locomotorie, ormonali e immunologiche.
E’ uno stato naturale di risposta del nostro organismi a imput esterni e che mira a conservare lo stato vitale dello stesso. Una risposta non adattativa a un evento stressante, può determinare l’insorgenza di un quadro patologico.
Il cortisolo è un ormone secreto dall’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), il principale sistema neuro-endocrino di risposta allo stress. La sua concentrazione, risente normalmente dei ritmi circadiani sonno/veglia, che possono essere modulati da stimoli esterni. Mantenere una sufficiente ma non eccessiva concentrazione di cortisolo, è necessaria per l’omeostasi: un aumento cronico provoca infatti un catabolismo proteico, iperglicemia, soppressione immunologica, suscettibilità alle infezioni, depressione, diminuzione delle performance mentali.
Studi condotti a partire da Alexander (1948), e studi attualissimi, hanno dimostrato che emozioni di paura o di collera eccessive, e quindi situazioni stressanti, tendono ad innalzare la pressione del sangue. In particolare viene stimolata la produzione, da parte del sistema nervoso simpatico, delle catecolamine: composti chimici derivanti dall’amminoacido tiroxina. Tra le più importanti vi sono l’adrenalina (epinefrina), la noradrenalina (norepinefrina) e la dopamina. Le catecolamine vengono rilasciate dalle ghiandole surrenali e provocano quindi un aumento della pressione arteriosa e una vaso-costrizione.
Hans Selye (1907-1982) biologo austriaco rinomato per le sue ricerche sullo stress (per il quale fu definito padre fondatore) secondo le quali in risposta a agenti nocivi esterni si innescano meccanismi biologici di adattamento dell’organismo stesso. Egli infatti definì lo stress come “una risposta (generale) aspecifica a qualsiasi richiesta (demand) proveniente dall’ambiente”(Selye, 1955). “Nel suoi libri, infatti, Selye sottolinea che lo stress è uno stato fisiologico normale, occorre essere in grado di gestirlo al meglio, e prosegue affermando “Ogni individuo possiede un diverso livello di resistenza al fenomeno, che, a sua volta, non è sempre e necessariamente negativo o dannoso. I fenomeni che generano stress si possono riconoscere nell’angoscia, nello sforzo fisico, come pure nel successo; infatti “dal punto di vista della sua capacità di provocare uno stress, non ha importanza che l’agente stressante, o la situazione che dobbiamo fronteggiare, sia piacevole o spiacevole: conta solamente l’intensità del bisogno di adattamento o riadattamento” (Selye, 1974).
“Gli individui, secondo Selye, possiedono un “serbatoio di energie” per fronteggiare gli stimoli esterni, in base al quale si determina il livello di resistenza al fenomeno. Tale “serbatoio di energie” si esaurisce facilmente quando l’agente stressante è particolarmente intenso, o quando più fattori stressanti agiscono contemporaneamente, oppure ancora quando l’azione degli agenti stressanti è prolungata nel tempo.”
Successivamente gli studi sullo stress e sulle relazioni con le variazioni psicofisiche a cui sono soggetti gli organismi si ampliarono, passando Walter Cannon (1906-1942) professore di fisiologia all’università di Harvard, il primo a parlare di allarme e padre della psicosomatica e della teoria della “fight or flight respons”,ha raccolto prove per dimostrare che quando un animale è fortemente eccitato, la divisione simpatica del suo sistema nervoso autonomo si combina con l’ormone adrenalina per mobilizzare l’animale per una risposta di emergenza di “volo o combattimento”. Il sistema simpatico-surrenale orchestra i cambiamenti nel rifornimento di sangue, nella disponibilità di zucchero e nella capacità di coagulazione del sangue in un marshalling di risorse legate alla “violenta esibizione di energia”. (1915, Bodily Changes in Pain, Hunger, Fear and Rage);
J-Mason ha analizzato gli aspetti biologico- comportamentali. Con Lazarus & Folkman il concetto di stress prese sempre più forma, non necessariamente negativa, ma che genera risposte adattative al fine di riportarci ad un corretto stato di benessere. Quando un organismo non è in grado di rispondere in maniera soddisfacente alle sollecitazione ambientali, si creano situazioni definite Distress.
Ma una volta chiarito il concetto di stress e di come un’incapacità a gestire situazioni stressanti possa avere ripercussioni sul nostro stato di benessere psico-fisico e sociale, come può la Natura esserci di aiuto?
I Benefici dell’acqua
Quanti di voi ad esempio provano un senso di pace nel guardare il mare e ascoltarne i suoni?
In un articolo del 2013, lo psicologo ambientale Mathew White ha studiato gli effetti del mare e ha concluso che “essere più vicino al mare migliora in modo significativo il benessere delle persone”.
Altre ricerche trasmettono prove scientifiche che mostrano la capacità di mari e oceani di migliorare la salute mentale.
Secondo altre ricerche, l’acqua marina evaporando arricchisce l’aria di minerali e ioni con carica negativa che hanno la capacità di ridurre lo stress, combattere i radicali liberi, migliorano la concentrazione e la capacità di attenzione; il sale preserva i livelli di triptamina, serotonina e melatonina nel cervello, che aiutano a diminuire la depressione e ad aumentare il senso generale di benessere; inoltre le onde del mare creano una sensazione di rilassamento.
Anche il biologo marino Wallace J. Nichols sta conducendo ricerche per dimostrare che vivere a stretto contatto con il mare e l’oceano genera benefici psicologici migliorando concentrazione e memoria oltre ad essere un efficace anti-stress.
I Benefici della terra
Non è difficile ipotizzare perchè una bella passeggiata nel boschi sia salutare: il movimento fa bene aiuta il cuore e mantiene giovani, il sole aiuta la sintesi della vitamina D3, importante per le nostre ossa. I suoni e i colori della natura calmano le nostre menti e infondono una sensazione di armonia. Ma c’è forse di più.
Da uno studio effettuato dagli psicologi R. Atchley e D. Staryer su 56 persone alle quali è stato chiesto di vivere immersi in natura senza oggetti tecnologici (cellulari, tablet…) per 4 giorni, sono emersi miglioramenti delle capacità cognitive legate alla concentrazione e alla creatività; miglioramenti nelle abilità di problem solving e dei livelli di attenzione; tuttavia di difficile definizione è stato quanto ciò sia imputabile al distacco dalla tecnologica piuttosto che al contatto diretto con la Natura anche se ritengo personalmente le due cose strettamente collegate.
Attraverso una recentissima ricerca, si è cercato di comprendere gli effetti dell’inquinamento atmoferico sui bambini e in particolare quanto questo sia causa dell’ADHD: disturbo che si sviluppa nell’infanzia e causa deficit di attenzione e iperattività. I risultati hanno dimostrato che una correlazione sembra proprio esserci e che quindi vivere maggiormente a contatto con la natura, respirando aria buona, non possa che avere effetti positivi sulla salute soprattutto dei nostri figli ( F. Kuo e da A. Faber)
Un ulteriore studio condotto su 70 donne over 60 alle quali è stato chiesto di fare una passeggiata in bosco, ha dimostrato un miglioramento della capacità arteriosa e polmonare.
Inoltre sembra che le piante per proteggersi dagli insetti e evitare la putrefazione del tronco emettano composti organici volatili detti Fitocidi, questi si diffondono in aria e ricerche hanno dimostrato che l’inalazione degli stessi ha effetti positivi sul nostro sistema immunitario.
Insomma non è solo suggestione.
Vivere a stretto contatto con la Natura può davvero aiutarci.
Facciamo una bella passeggiata, che sia in un bosco, sulle rive di un lago o sulla spiaggia, avremo solo benefici. Viviamo la natura, osserviamola e assaporiamo il piacere di entrare in sintonia con Lei.
Rinverdiamo le nostre città e diminuiamo la nostra dipendenza dalle tecnologie, anche il Pianeta ci ringrazierà.
Sara Boninsegna
RIFERIMENTI
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Seguici sui socialArticolo scritto da un nostro associato o un collaboratore esterno dell’Associazione ETICOSCIENZA
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