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MAMMIFERI EUSOCIALI: DUE RODITORI A CONFRONTO

mammiferi
Articolo di Silvia Pillitteri, nostra associata e collaboratrice

L’eusocialità è la forma più elevata di socialità che si possa riscontrare nel mondo animale ed è comune in insetti come termiti, api, vespe e formiche. Sembra non essere presente in altri gruppi tassonomici con l’eccezione di un gamberetto e di due specie di roditori, Heterocephalus glaber e Fukomys damarensis.

L’eusocialità prevede grande cooperazione tra gli organismi che vivono in colonie, suddivisione del lavoro in caste e funzione riproduttiva riservata solo a una o poche femmine. Alcuni individui perdono la propria capacità riproduttiva e diventano veri e propri operai, che con il loro lavoro supportano la colonia e danno il loro aiuto alla casta riproduttiva. Negli insetti sociali spesso i vari membri delle colonie che hanno funzioni diverse, come la regina, il re, gli operai o i soldati mostrano anche morfologie differenti tra loro.

L’eusocialità è però presente anche nei mammiferi, sebbene solamente in due specie di roditori. L’eterocefalo glabro è sicuramente più conosciuto ma non è l’unico. Anche il ratto-talpa di Damara è infatti un roditore che si organizza in caste. Appartengono entrambi alla famiglia Bathyergidae ed entrambi vivono in gallerie sotterranee che scavano loro stessi.

L’eterocefalo glabro è piuttosto noto per via delle sue insolite e uniche caratteristiche. È l’unico mammifero a sangue freddo, può sopravvivere senza ossigeno fino a 18 minuti, è insensibile a diversi tipi di dolore e sembra essere refrattario al cancro! Vive nelle zone desertiche dell’Africa orientale. Ha alcune caratteristiche morfologiche molto particolari poiché, vivendo sotto terra, si è adattato a questo tipo di ambiente. Infatti è privo di peli, gli occhi sono ridotti e ha denti molto grandi tramite i quali scava le gallerie in cui vive. Il sistema di gallerie di una colonia può essere estremamente esteso (anche fino a 3,5 km!) è può essere condiviso da circa 70 individui strettamente imparentati fino ad un massimo di 200 individui. Solitamente la casta riproduttiva è composta da un’unica femmina e massimo tre maschi. Gli altri membri della colonia sono invece operai, maschi e femmine, anche di dimensioni diverse tra loro in base al ruolo che svolgono e destinati a non riprodursi. Il loro compito, oltre a scavare le gallerie, è quello di difendere la colonia e cercare radici e tuberi nel terreno per il nutrimento di tutti gli individui. La femmina riproduttiva può partorire fino a 27 cuccioli e gli operai aiuteranno anche nell’accudire i piccoli. La domanda potrebbe sorgere spontanea: cosa ci guadagnano gli operai a lavorare così tanto e a non poter procreare e quindi trasferire i propri geni alla futura generazione? In realtà, essendo gli individui della colonia strettamente imparentati fra loro, anche i piccoli della femmina riproduttiva condividono una buona parte del proprio patrimonio genetico con gli operai, che quindi mantengono comunque il loro vantaggio.

L’altro mammifero eusociale è il ratto-talpa di Damara. È di dimensioni più grandi rispetto all’eterocefalo e ha un pelo di colore nero-marrone. Anche nel suo caso le colonie sono formate da individui strettamente imparentati tra loro dove solamente una femmina si riproduce e gli operai non hanno progenie. Tuttavia le colonie sono costituite da molti meno individui, di solito circa 15. Questo potrebbe avere una spiegazione logica. Il Fukomys damarensis infatti vive in aree del Sudafrica dove i suoli sono più soffici rispetto a quelli desertici abitati dall’eterocefalo. È quindi possibile che occorrano meno individui per scavare le gallerie. Inoltre sembra essere più elevata nel ratto-talpa di Damara la probabilità che un membro abbandoni la colonia per fondarne una propria.

 

Silvia Pillitteri



Fonti:

Jarvis, J. U. M. (1981). “Eusociality in mammal. Cooperative breeding in naked mole rat colonies”, Science, 212, pp. 571-71.

Jarvis, J. U. M., Orian, J. M., Bennet, N. C., Sherman, P.W. (1994). “Mammalian eusociality. A family affair”, Trends in Ecology and Evolution, 9 (2), pp. 47-51.

 

Foto: Nature

 

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Articolo scritto da un nostro associato o un collaboratore esterno dell'Associazione ETICOSCIENZA