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PERCHE’ L’ESTINZIONE DELLE API DOVREBBE INTERESSARE L’UOMO?

api
Articolo di Giuditta Celli, nostra associata che ha seguito il corso in Comunicazione e Divulgazione Scientifica.

 

Le api sono tra i principali agenti impollinatori presenti in natura. Conosciuti come pronubi, questi agenti permettono la fecondazione della flora. Mentre si nutrono di nettare trasportano involontariamente il polline dal fiore di una pianta ai pistilli di un’altra.

Oltre alle api, appartengono a tale categoria altri insetti come formiche e farfalle, o animali come il colibrì e le bavose.

A causa del cambiamento climatico e dell’utilizzo incontrollato dei pesticidi, gli agenti impollinatori potrebbero rischiare di estinguersi, primi tra essi le api.

Già nel 1993 in Francia, fu identificato un primo caso di decimazione di arnie, mentre nei primi anni 2000 il caso definito Sindrome di spopolamento delle api, ha iniziato a verificarsi anche in America e nel resto d’Europa.

Tra i pesticidi un esempio sono i neocotinoidi, ritenuti responsabili di un’intossicazione che impedisce alle api di rientrare negli alveari.

Le conseguenze del cambiamento climatico invece, sono molteplici. La perdita dell’habitat, poiché le temperature più alte inducono le api a spostarsi in zone più fredde ma non riescono ad assecondare l’innalzamento delle temperature atmosferiche. La presenza di parassiti come l’acaro Varroa destructor, che si diffonde maggiormente con le alte temperature, e che compromette le funzioni digestive delle api. La minore durata della stagione invernale, che stressa la popolazione delle api allungandone i tempi di lavoro e non rendendole pronte alla prematura fioritura primaverile.

Nell’ Unione Europea sono presenti circa 17 milioni di alveari, 600 mila apicoltori con una produzione annuale di 250 mila tonnellate di miele. L’ Italia è il quarto paese europeo per numero di alveari. Sono 1,2 milioni con 45 mila apicoltori censiti ed una produzione annuale di 22 mila tonnellate. La domanda interna del paese è però più elevata della produzione interna e l’Italia è costretta ad importare miele, principalmente dalla Cina, maggior produttore mondiale. Solo nel 2018 l’importazione è aumentata di un 18% rispetto agli anni precedenti. Infatti, nel 2017 a causa della siccità, la produzione di miele è calata dell’80%, secondo i dati forniti dagli apicoltori italiani. In queste condizioni i fiori non secernono nettare e polline, e le api sono in sofferenza, non producono miele e non riescono ad impollinare.

Le conseguenze sull’uomo di una eventuale estinzione delle api, non sarebbe quindi la semplice mancanza di miele, ma la mancanza di molti alimenti a cui siamo abituati.

Infatti, quasi il 90% delle piante selvatiche da fiore ha bisogno di essere impollinata, mentre il 75% delle principali colture agricole dipende da questi agenti.

I prodotti coinvolti di cui dovremmo fare a meno sarebbero, citandone alcuni: frutta (mele, pere, pesche, agrumi), verdura (pomodori, zucchine, cetrioli, broccoli, cipolle, cavoli), prodotti a base di soia e girasole, mandorle, uva e olive. Inoltre, potrebbero esserci conseguenze anche sulla produzione di carne, in quanto molti mangimi a base vegetale dipendono dalle api.

Si salverebbero prodotti come patate, insalata e carote, che potrebbero però avere prezzi inaccessibili.

È quindi di fondamentale importanza, limitare i fattori che minacciano le api e tutti gli impollinatori, come limitare l’uso dei pesticidi, evitarne la soppressione quando le troviamo nei giardini o nei parchi e favorire la nascita di nuove arnie.



Giuditta Celli



FONTI

https://www.isprambiente.gov.it

http://animalpedia.it

http://wwf.it

http://focus.it





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Autore

Articolo scritto da un nostro associato o un collaboratore esterno dell'Associazione ETICOSCIENZA