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BIOLUMINESCENZA: GLI ANIMALI BRILLANO DI LUCE PROPRIA

Articolo di Margherita Paiano, nostra associata e collaboratrice

Luci danzanti intorno a noi sono prodotte da creature dette lucciole, queste hanno la strana capacità di produrre luce e questo fenomeno prende il nome di Bioluminescenza.

Le lucciole però non sono gli unici animali in grado di illuminarsi, sono solo quelli che abbiamo maggior probabilità di vedere. Molti animali inclusi squali, insetti e strane creature degli abissi, producono la loro stessa luce. Questo articolo cercherà di farvi avventurare nel magico mondo degli animali luminosi, cercando di svelare la funzione di questo comportamento.

Dovunque si verifichi la bioluminescenza è spettacolare ma la domanda a cui si cerca di rispondere è:

a cosa serve?

La bioluminescenza abbraccia molte dimensioni animali, si è evoluta più e più volte per influenzare in modo potente le dinamiche comportamentali ed ecosistemiche. Ecco perché, in quanto etologa, mi interessa parlarne. Si deduce quindi che la bioluminescenza abbia un’importanza funzionale, una conseguenza del fatto che un altro organismo possa rilevare e quindi rispondere alla luce. Gli usi della luce sono infatti classificati in tre categorie: difesa, attacco e comunicazione. 

Nella difesa la luce è usata in modo difensivo per spaventare o deviare i predatori. Nell’attacco la luce è invece usata in modo offensivo come esca per attirare e convertire potenziali predatori in prede (es. pesce lanterna che tutti conosciamo grazie al film d’animazione “Alla ricerca di Nemo”).   Il terzo uso della luce è quello della comunicazione che avviene soprattutto durante il corteggiamento e l’accoppiamento. Non è l’unico gioco di luce e colori presente nei riti di corteggiamento, la coda del pavone o gli uccelli del paradiso (paradiseidi) sono tipici casi rappresentativi.

L’aspetto più singolare della bioluminescenza è la sua ampia e diversificata filogenetica. La filogenetica è lo studio delle relazioni di parentela tra le diverse specie animali. Questo studio viene effettuato per comprendere quali animali condividano il comportamento di bioluminescenza, così da capirne l’origine e l’evoluzione. I risultati di questa indagine hanno però un esito inatteso, ovvero ci dicono che la bioluminescenza si è evoluta in modo indipendente nelle varie specie, quindi i geni responsabili non sono correlati.

Anche se è triste farne una questione di chimica mi è d’obbligo spiegarvi allora come è possibile che il comportamento luminoso sia presente in diverse specie anche lontane filogeneticamente.

La bioluminescenza chimicamente è una reazione chiamata chemiluminescenza ed è possibile solo grazie ad alcuni enzimi presenti nell’organismo. Questo tipo di reazione (esoergonica) emette luce. Gli enzimi coinvolti sono tutti indicati genericamente come luciferasi perché non sono conservati evolutivamente e sono, quindi, strutturalmente diversi nei diversi gruppi di organismi. Oltre alle luciferasi ci sono poi diversi fattori che determinano il colore e l’intensità delle emissioni.

La magica emissione di luce in numerosi casi è il frutto della simbiosi tra individui. Un modello interessante è quello di Vibrio fischeri e Euprymna scolopes, un batterio e una seppia. Questa simbiosi avviene grazie a gradienti chimici di monossido di azoto (NO) presenti nel muco dell’animale, la seppia è capace di attirare il batterio che viene internalizzato in una cavità del suo corpo detta “camera della luce”. Il vibrione del batterio, in seguito alla simbiosi, perde il flagello e si riduce di dimensioni (la riduzione di complessità è una tendenza tipica degli endosimbionti o endoparassiti) producendo così luce.

In questa associazione, la seppia fornisce aminoacidi e zuccheri per la sopravvivenza del batterio; da parte sua il batterio, emettendo la stessa quantità di luce che colpisce la parte superiore del mantello della seppia, ne nasconde la sagoma quando è visto da sotto (fenomeno della contro-illuminazione) e, dunque, ne permette il camuffamento e il non riconoscimento da parte di possibili predatori.

Vedere un gruppo di lucciole o avere la fortuna di osservare la bioluminescenza nei mari, nelle foreste o nelle giungle, scaturisce nell’uomo grandi emozioni, ci riporta alla magia.

Purtroppo, il comportamento delle persone rispetto al nostro pianeta non ci dà più grandi occasioni di assistere a questi spettacoli. Negli ultimi 40 anni la natura, da cui tutti gli animali dipendono (incluso l’uomo), si è ridotta di uno sconcertante 75%. In tutto il mondo stiamo perdendo le foreste, acque, mari, giungle e con essi il tesoro della biodiversità sul nostro pianeta. Tuttavia, sono loro che raffreddano, ossigenano ed idratano il nostro pianeta fornendo cibo e cure. Le perdiamo a nostro discapito. Perché in fondo qualche attenzione in più verso il pianeta potrebbe permetterci di trovare più bioluminescenza nelle nostre vite.


Margherita Paiano


BIBLIOGRAFIA

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Autore

Articolo scritto da un nostro associato o un collaboratore esterno dell'Associazione ETICOSCIENZA