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COMPORTAMENTI OMOSESSUALI NEGLI ANIMALI

animali gay
Articolo di Diego Parini, nostro associato che ha superato con successo il corso di formazione in Comunicazione e Divulgazione Scientifica.

 

Nel mondo animale i comportamenti sessuali tra individui dello stesso sesso sono moltissimi: sono
stati riscontrati in più di 1500 specie includendo tutti i cladi dei vertebrati e moltissimi gruppi di
invertebrati. Tutte queste osservazioni sono state registrate in diversi ambienti, dalla cattività o in
laboratorio, fino in popolazioni selvatiche con diversissime condizioni ecologiche. Questo numero di
specie è molto probabilmente sottostimato, ma vedremo successivamente il perché. Per evitare
qualsivoglia tipo di antropomorfizzazione, bisogna fare una netta differenza tra gli attributi di genere e
sessualità umana, che riguardano caratteri come identità personale, attrazione fisica, e preferenza
sessuale, con la terminologia scientifica del sesso e del comportamento sessuale. Per questo motivo,
non verranno utilizzati termini come eterosessuale o omosessuale, così da prevenire qualsiasi conflitto
tra sessualità umana e comportamento sessuale animale.

Come anticipato i casi sono molto probabilmente sottostimati, poiché gran parte della comunità
scientifica fa riferimento alla pura concezione di accoppiamento, con l’unico scopo di procreare, e
quindi da un punto di vista prettamente evoluzionistico, il comportamento sessuale con un partner
dello stesso sesso è molto complicato da spiegare. Questo è il cosiddetto paradosso di Darwin ovvero,
com’è possibile che si è evoluto e persiste un comportamento che, invece di far riprodurre la specie,
genera una riduzione della fitness (numero di figli che a loro volta riescono a riprodursi) individuale e,
nel caso in cui tutta la specie faccia solo questo comportamento, porti all’estinzione?

Ovviamente Darwin non si sbagliava, perché se una specie non si riproduce, la strada verso
l’estinzione si fa in discesa. Infatti, è molto improbabile che questo tipo di comportamento sessuale si
evolva e diventi permanente. Tuttavia, il verificarsi continuo e ben documentato di comportamenti
sessuali verso lo stesso sesso, in quasi tutti i gruppi tassonomici, è un argomento che vale la pena
esplorare. Rispondendo al paradosso di Darwin, in modo da riconciliarsi con la tradizionale teoria
della selezione, sono state fornite diverse spiegazioni adattative. In primo luogo, il comportamento
sessuale verso lo stesso sesso può fare da collante per stabilire, mantenere e rinforzare le relazioni
sociali. E’ il caso dei delfini naso a bottiglia (Thursiops sp.), dove gruppi di maschi si alleano per
mantenere il controllo di una femmina e difendersi dagli altri maschi, ma, nel frattempo, si accoppiano
tra di loro facendo pratica per la futura copula con la femmina. Questo accoppiamento maschio-
maschio dei delfini è uno dei più documentati nel mondo animale. Un caso simile di collante sociale, è
quello dei Bonobo (Pan paniscus), nei quali questo comportamento facilita la riconciliazione a seguito
di conflitti tra individui. La copulazione successiva al conflitto è normale per entrambi i sessi, maschio-
maschio e femmina-femmina, queste riappacificazioni includono baci, fellatio e massaggi (non a caso
sono i nostri parenti più stretti).

Una seconda spiegazione è che il comportamento sessuale verso lo stesso sesso aiuti a diminuire
aggressioni e conflitti intra-sessuali, ovvero tra lo stesso sesso. Infatti, l’intensa competizione tra
maschi per la conquista delle femmine è risultata nell’evoluzione di diverse tattiche per ingannare i
proprio rivali. Un esempio sono i maschi di serpente giarrettiera (Thamnophis sirtalis parietalis), i
quali si “travestono” da femmine, esibendo colori, display, posture e anche ferormoni tipici di questo
sesso, riuscendo così ad ottenere alcuni benefit in termini di fitness, come la riduzione dell’aggressività
dei rivali, l’accesso ad alcune risorse e nondimeno alle femmine. Questa strategia ha però parecchie
lacune, infatti non sempre funziona, poiché è stato osservato come in presenza di una femmina vera, il
maschio “travestito”, non riceva le attenzioni dei maschi. Quando riemergono dall’ibernazione sono
infreddoliti, lenti e vulnerabili agli attacchi dei predatori, così producono dei lipidi della pelle, simili a
quelli delle femmine, in modo da attrarre gli altri maschi. Il maschio con le sembianze femminili viene
cosi protetto e riscaldato, e una volta che si è ripreso smette di produrre questi lipidi e si dedica completamente alla ricerca di una femmina da corteggiare. Tuttavia, oltre ai vantaggi ci sono anche dei rischi. Infatti, il maschio protettore, stringendosi attorno per riscaldarlo, rischia di soffocarlo o nel peggiore dei casi costringerlo con forza alla copula.

Un’ulteriore spiegazione evoluzionistica fa a capo alla sex-ratio (rapporta tra il numero di maschi e il
numero delle femmine). Quando in una popolazione è difficile trovare il partner, perché non ne sono
presenti abbastanza, la propensione verso lo stesso sesso aumenta. In una popolazione delle Hawaii di
albatros di Laysan (Phoebastria immutabilis), dove la sex-ratio è fortemente sbilanciata, è stato
riscontrato che il 31% delle coppie è femmina-femmina. In questa specie socialmente monogama, il
successo della covata dipende fortemente dalla cooperazione dei genitori nelle cure parentali, poiché a
differenza di altre specie di uccelli in cui sono state documentate coppie femmina-femmina, gli
albatros di Laysan possono deporre un solo ed unico uovo per anno. Da questo studio di Young et al
2008 è emerso che, a causa di questa sex-ratio sbilanciata, le femmine hanno iniziato a collaborare e
unirsi nella cova, inoltre, queste coppie si sono riunite anche in anni successivi. Tuttavia, le coppie
femmina-femmina non godono dello stesso successo riproduttivo delle controparti maschio-femmina,
ma hanno sicuramente un successo riproduttivo maggiore di quelle non accoppiate.

Le interazioni con lo stesso sesso avvengono con un’estrema varietà di forme, infatti sia i meccanismi
che li producono sia i risultati che si ottengono, sono completamente diversi tra le singole specie.
Indipendentemente dalla loro origine, osservare questi comportamenti come agenti selettivi e
studiare i loro effetti evolutivi, potrebbe contribuire ad approfondire i principi alla base di fenomeni
come la riproduzione, l’aggressività, i conflitti e la selezione sessuale.

 

Diego Parini

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Articolo scritto da un nostro associato o un collaboratore esterno dell'Associazione ETICOSCIENZA