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ANIMALI DEL CIRCO: LA SALUTE FISICA NON BASTA

Qualsiasi spettacolo o attività che prevede l’uso di animali selvatici (che nei Paesi Europei sono, il più delle volte, anche esotici) deve necessariamente fare i conti con il rispetto del benessere animale. Nonostante sembri una cosa scontata, ancora oggi esistono delle realtà (nel mondo ma anche in Europa) dove questo fattore non viene assolutamente tenuto in considerazione. L’egoismo e la visione antropocentrica di tutto ciò ci circonda sovrastano inesorabilmente anche ogni minimo accorgimento sulle condizioni psico-fisiche degli animali impiegati nelle varie attività umane. In questo contesto si potrebbe citare il fenomeno chiamato “Topeng Monyet”, una tradizione portata avanti in diversi Paesi Asiatici con scimmie che vengono costrette a danzare, vestirsi come esseri umani, mascherarsi, chiedere l’elemosina, fare spettacoli in strada e così via. Ma senza andare troppo lontano geograficamente, a non troppi chilometri dall’Italia (precisamente in Albania) è ancora in atto lo sfruttamento di orsi che vengono volontariamente addomesticati, addestrati, tenuti al guinzaglio e usati, già da piccolissimi, con il solo scopo di attirare i turisti e raccogliere del denaro. In queste situazioni appare evidente a tutti (almeno si spera) che i requisiti minimi di benessere animale e di buon senso non vengono assolutamente rispettati.

Nel caso specifico del circo e di spettacoli con animali acquatici (come i delfini) il discorso si complica. Esistono infatti alcune realtà dove c’è un oggettivo maltrattamento e abuso degli animali, ma in molti altri casi gli individui sono tenuti in buona salute, al meglio delle possibilità di chi li gestisce. Non ci sono torture, né fruste, né evidenti violenze fisiche sugli animali. Le condizioni sanitarie vengono rispettate, i controlli di tipo veterinario sono periodici e gli animali sono seguiti costantemente, con passione e dedizione. In questi casi il vero problema si pone proprio perché non vi sono mancanze sanitarie evidenti, ma bisogna avere una visione d’insieme e cercare di approfondire meglio la questione.

Di fronte alle immagini di un circo con animali molto spesso i “non addetti ai lavori” che, per loro libertà di pensiero, credono che le attività svolte vadano contro il rispetto degli animali sono solamente preoccupati delle condizioni sanitarie degli stessi animali. A quel punto, quando le strutture che tendenzialmente sono più attente al benessere animale decidono di aprire le porte e dimostrano che gli animali stanno bene fisicamente e che hanno “amore”, allora la questione si chiude ed automaticamente tutto è risolto.

Quando però l’occhio di chi si preoccupa di questa tematica non è di un cittadino qualunque ma è quello di un professionista, che si è formato e che con criterio scientifico cerca di trovare delle risposte, allora le cose cambiano. Il fatto che gli animali stiano bene di salute dovrebbe essere scontato. Se così non fosse, a prescindere che si sia a favore o contro gli spettacoli con animali, sarebbe oggettivamente un fatto da condannare.

Il buono stato di salute fisica non basta. Nelle attività come quelle del circo o di un delfinario il problema è prima di tutto etico. L’idea che un animale venga al mondo con il solo scopo di essere addomesticato (quindi privato della sua selvaticità), addestrato e usato per eseguire ordini ed esercizi imposti dall’Uomo (normalmente questi animali non eseguirebbero quei comportamenti) è eticamente sbagliata ed inaccettabile. In secondo luogo vi è un problema di tipo etologico, in quanto questi animali non possono espletare il loro repertorio comportamentale specie-specifico (etogramma), le loro libertà decisionali sono limitate (non possono scegliersi un partner, non posso cambiare luogo in cui vivere, non possono scegliere il loro gruppo sociale, non possono scegliere cosa mangiare, ecc) e non potranno mai raggiungere una perfetta condizione di benessere totale (welbeing) visto che la loro vita naturale è alterata fin dalla nascita. In terzo luogo il problema è collegato alla salute umana, in quanto si tratta pur sempre di animali appartenenti a specie selvatiche e quindi mantengono sempre una certa pericolosità verso l’Uomo (come dimostrato da diversi casi di attacchi successi in circhi, zoo e strutture turistiche). In ultimo, vi è un forte problema educativo, poiché i bambini vengono abituati ad un’idea distorta della Natura dove sembra essere normale che un animale di quel tipo venga cresciuto lontano dal suo ambiente naturale, abituato a vivere/“lavorare” con gli umani e a venir usato per scopi ludici.

Per tutti questi motivi, quando si pensa a spettacoli che fanno uso di animali la questione che riguarda la salute fisica andrebbe superata e dovrebbe essere data quasi per scontata (il maltrattamento di animali è, a prescindere, un atto criminale), per lo meno nella maggior parte delle strutture italiane. Ci sono tanti altri fattori da considerare e sui quali bisogna riflettere e chi crede che il problema ruoti solo intorno allo stato di salute commette un grave errore di superficialità.

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Autore

Biologo Naturalista

Laurea Triennale in Scienze biologiche presso "Sapienza" Università di Roma e specializzazione con una Laurea Magistrale in Evoluzione del Comportamento Animale e dell'Uomo presso l'Università di Torino (votazione: 110 e lode). Dopo aver svolto uno stage formativo presso "Ecotoxicology and Animal Behavior Laboratory" (Iasi, Romania) ed essere stato guida naturalista e ricercatore presso "Monkeyland Primate Sanctuary" (Plettenberg Bay, Sudafrica), ha ricoperto il ruolo di Wildlife Manager presso "Kids Saving the Rainforest - Wildlife Sanctuary and Rescue Center" (Quepos, Costa Rica). Da settembre 2019 è socio della Società Italiana di Etologia. Dopo una recente collaborazione nell'ambito dell'educazione ambientale con il Parco fluviale Gesso e Stura, attualmente si occupa di ricerca e divulgazione scientifica presso l'Associazione ETICOSCIENZA. E' autore del saggio "I segreti dell'immunità. Tutto ciò che possiamo imparare dagli animali su igiene e controllo delle infezioni" (Edizioni Lindau).

christianlenzi.eticoscienza@gmail.com